giovedì 24 settembre 2009

Il Ministro Gelmini e l'ora di religione


La religione non è affatto un "corso di propedeutica al catechismo". La religione non deve limitarsi all'insegnamento del cattolicesimo, ma deve provvedere ad illuminare una vasta area, la storia delle religioni, concetto ben diverso. Nel rispetto di tutti, Comunità Studentesca non trova giusto che chi segua le ore di religione sia premiato con un credito formativo.

Fra ateismo e agnosticismo, che devono essere rispettati, molti ragazzi scelgono di non frequentare i corsi di religione, in quanto non importanti per loro e non idonei alla loro visione del mondo. Certo, ci sono anche quelle persone che scelgono di non seguire la religione specialmente se l'ora è la prima o l'ultima della giornata scolastica, ma questo è un altro discorso.
Se davvero l'ora di religione fosse valorizzata con crediti formativi, ci troveremmo di fronte ad un numero di presenze della materia mai registrato prima: gli attendenti passerebbero da poche persone a classi intere. Crediamo che il credito formativo sia motivo di opportunismo per molti ragazzi, che, pur non credendo, farebbero grande presenza per guadagnarsi quel bonus, che la Gelmini vuole introdurre.

In quell'ora, ingiustamente facoltativa, dovrebbero essere trattati non solo i temi del cattolicesimo, comunque importante, ma anche i temi fondanti delle altre religioni, dall'Islam all'induismo, dal protestantesimo all'anglicanesimo e così via.
In quell'ora dovrebbero essere coinvolti tutti gli studenti, di qualsiasi religioni essi siano, e a maggior ragione gli atei, che avrebbero più spunti per rafforzare la loro scelta.
Detto questo, è assurdo però che l'insegnante di religione non abbia voce in capitolo nel Consiglio di Classe: è un professore come tutti gli altri e a tutti gli effetti, ha il pieno diritto di aver peso nella valutazione complessiva.

E' inaccettabile che la materia della religione si esprima ancora in insignificanti giudizi come "Buono", "Distinto" o "Non Sufficiente": le elementari sono finite da un bel pezzo, e come per italiano, matematica, ecc., anche la valutazione di religione deve essere espressa in decimi, e deve avere un peso effettivo nell'ambito finale.
L'ora di religione deve necessariamente essere incolume da facili strumentalizzazioni, perlopiù ideologiche, ma deve essere riscoperta con modifiche che la portino ad essere maggiormente accessibile a tutti. E' una materia che, al pari delle altre, fa parte della piattaforma culturale che forma lo studente, e che da tale ha innati dei concetti che meglio fanno comprendere i mutamenti di ieri di oggi, nella variegata gamma di contesti in cui le varie religioni si sono trovate.
Continua cosi l'eterna lotta tra laici e religiosi, o forse sarebbe meglio dire tra cattolici e laici.
Nell’ immenso vortice di idee e opinioni che si susseguono da diverse settimane su cosa è giusto e cosa è sbagliato, su quale ruolo devono assumere gli insegnanti di religione, una voce mi ha colpito e spero, vivamente che colpisca anche voi tutti.

Attraverso una meravigliosa, e alquanto originale, intervista al professor Philippe Borgeaud, che insegna come docente di storia delle religioni, presso l’università di Ginevra, viene trattato il tema dello scontro tra laici e cattolici sull’ insegnamento della religione nelle scuole.
Prima di tutto, Philippe Borgeaud si sofferma sul concetto di corso di religione: di cosa parliamo effettivamente?
Di religione? Dell’ inserimento della religione all’interno dell’ insegnamento? Oppure semplicemente inseriamo la religione come strumento per arrivare all’etica?
Che cosa facciamo realmente durante queste fantomatiche " ore di religione?"
La scuola dovrebbe essere concepita come luogo di formazione, che non solo educa, ma che ci mostra il nostro passato, per capire il nostro presente; intesa quindi non come luogo di diffusione della religione, bensì come una piattaforma del sapere.
In tutto questo l’ approccio di un corso sulla storia delle religione può essere fondamentale, determinante, se vogliamo, nel capire alcune dinamiche, anche storico-politiche.

E non solo. Un corso di storia delle religioni , che non analizzi le religioni in quanto tali,ma che piuttosto attraverso una visione più distaccata, insegni a " comprendere l’ altro nelle sue differenze"aiuterebbe lo studente nel suo percorso di formazione.
Storica e scientifica: cosi deve essere la riflessione all’ interno delle scuole, cosi si rende la religione, nel senso più plurale del termine , interessante agli occhi di chi la studia.
Sbagliato e , soprattutto fuori luogo, chi fa si che la religione introduca la morale nella scuola, e non solo perché cosi si manca ai principi costituzionali, ma perché la scuola deve avere " una morale pluralista e non religiosa".
Attraverso la prima parte di questa intervista, si dimostra come nessuno voglia cancellare l’ importanza della religione, della sua tradizione, della sua presenza passata e tantomeno di quella presente.

Per questo mi sembra giusto riportare intermente la risposta che il prof. Borgeaud da a proposito di tale questione:
"No, non credo si possa comprendere la storia senza conoscere le religioni. Ma conoscere le religioni non vuol dire praticarle. D’altronde non si possono praticare più religioni alla volta. Si tratta dunque di una conoscenza da osservatore, una conoscenza antropologica, scientifica. Lo sguardo antropologico è uno sguardo d’astronomo perché osserva le cose a distanza, senza animosità e con una certa empatia. Non credo sia necessario penetrare intimamente nelle diverse tradizioni religiose per capirle. Esteriorizzarsi rispetto alla tradizione religiosa è un gran passo verso la tolleranza. Ma si tratta di un esercizio delicato e complicato."
A conclusione di ciò, ancora una volta, come per sottolineare il pensiero precedente, Borgeaud consiglia di evitare che le religioni diventino un tabù, argomenti indiscutibili a livello scolastico. A scuola si deve parlare di tutto anche di questo.

La sfera religiosa deve essere discussa e analizzata a scuola ma non inserita all’ interna di essa.
Perché?
Perché a scuola si insegna a tutti.e l’ insegnamento., per primo, deve tener conto che ci sono studenti atei o semplicemente persone indifferenti alla religione.
Nel campo dell’ insegnamento della religione non esiste nessun privilegiato, ma nessuno deve essere ignorato. Per nessun motivo al mondo.